Flaneur di Caterina Sbrana | Recensione di Deborah

 

Erano gli anni Sessanta. Abitavamo in una piccola casa nella periferia di Louisville, in un posto chiamato Shively. All’apparenza lo avreste definito un quartiere pacifico, tranquillo, con tutte quelle sue casette uguali, ordinate in fila come dei manici di tazze. A Shively ogni allegra casetta aveva la sua allegra famiglia, con la sua macchina e il suo cortile, e ogni sera si ritrovavano tutti allegramente a cena, seduti a un allegro tavolo con davanti un triste tacchino. Ma era tutta finzione, così come la presenza di mio padre e la perfezione della nostra famiglia.

 

Editore: Leone Editore
Data di uscita: 21 giugno 2018
Pagine: 281
Prezzo: 13.90 €
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James, individuo dalla sensibilità di altri tempi, ha la sfortuna di nascere non solo in un’epoca che lo rigetta ma persino a Shively, città della Louisiana particolarmente bigotta. Sarà sempre costretto a fuggire, impegnato nell’insaziabile ricerca di un po’ di silenzio dei demoni che lo tormentano: partendo dalla sua città natale, dove incontrerà come unico alleato l’amico Rob, per arrivare, alla morte di questo, prima al college e poi finire a New York, passando per la galera a causa di un crimine non commesso. La decadenza sociale che rischia di annegarlo, esiterà in una frantumazione della sua personalità che lo condurrà sull’orlo del suicidio.

 

Cala la sera su venerdì e sull’ultima settimana di gennaio, una settimana davvero intensa e densa di novità. Il tempo sta volando, è impossibile fermare la sua corsa impazzita! Mi sembra ieri di aver riposto con un velo di tristezza le decorazioni natalizie ed invece si conclude già il primo mese del 2019; per me il tempo scorre veloce ed inesorabile, per altri invece, come per il protagonista del romanzo di oggi, le ore, i minuti e i secondi si susseguono con una lentezza infinita, tanto che sembra di essere perennemente in trappola. Il nostro viaggio tra di carta e inchiostro approda sulle spiagge di Flaneur, un thriller psicologico scritto da Caterina Sbrana.

 

L’immagine della piumata Mrs Hardy che tentava di raggiungere la figlia, gemendo e affondando i tacchi nella melma, è ancora così ben impressa nella mia memoria che se fossi certo di non essere pazzo potrei pensare di averla qui, davanti a me, nella stanza del college, a urlare come una gazza impaurita. E, dannazione, nonostante le circostanze, mi fa ancora ridere. Forse un po’ pazzo lo sono.

 

La lettura di Flaneur è stata piacevole e particolare, personalmente non mi sono ritrovata molto nel genere thriller psicologico, ho avuto la sensazione di leggere un romanzo di analisi variegato con sfumature noir. Lo stile di scrittura di Caterina Sbrana è davvero coinvolgente, mi ha coinvolta nella sua storia, incuriosita a sapere sempre di più sulla vita del giovane protagonista. Un fattore che mi è piaciuto davvero moltissimo è la rievocazione degli americani Anni Sessanta, mi ha ricordato un romanzo che mi sta veramente a cuore, il mio romanzo preferito di King, 22/11/63; con una cornice del genere era impossibile non venire coinvolta dalla storia. Siamo immersi nella quotidianità di James Jones, un ragazzo dalla personalità complessa e particolare, un’anima fuori posto nello spazio e nel tempo che gli è capitato da vivere. James, o come ha scelto fin da piccolo di farsi chiamare Jiggy, è il narratore della storia, ripercorriamo attraverso i suoi ricordi ironici e malinconici la sua infanzia, l’adolescenza fino ad arrivare all’esperienza del collage che corrisponde al suo presente. Qualcosa di veramente brutto e pesante sta accadendo nel presente di James, già dai primi momenti ci accenna ad un fatto violento, sangue e attesa, certezza che di lì a poco sarebbero venuti a prenderlo.

 

Ero spontaneo, io. Carismatico, spudorato. Provocatorio, insolente, impertinente, se vogliamo. Di lì a pochi anni avrei imparato a plasmare e giocare con la mia personalità in modo da assecondare e quasi soddisfare in modo irrisorio e canzonatorio le voci che tentavano di mettermi in cattiva luce. Per punzecchiare e sbeffeggiare chi a sua volta avrebbe cercato di prendersi gioco di me. Ovvero la maggior parte delle persone, perché a questo mondo temo di poter contare più nemici che amici. Non che poi mi dispiacesse travestirmi di tutte quelle personalità. Dio, parlo come se fossi morto. Non che ci sia rimasta molta differenza, del resto, tra un morto e quello che tra poco sarà di me.

 

James Jones, o meglio Jiggy, vive in una piccola cittadina della Louisiana nota per il suo attaccamento alle tradizioni, per le visioni bigotte e i pregiudizi radicati verso ciò che è diverso dallo standard settato dalla comunità. Fin da bambino Jiggy si sente fuori posto, non riesce ad andare d’accordo né con adulti e né con i coetanei, non si sente realmente parte della famiglia e di tutte le consuetudini dettate dalla madre per essere un’icona di Shively. Questo fino a che non si trasferisce in città Rob, un bambino della sua età con cui subito stringe un legame di amicizia davvero molto speciale. Jiggy e Rob sono sempre insieme, giocano e si divertono ma la famiglia di Rob non viene integrata particolarmente bene nella cerchia ristretta della società, questo causerà molti guai. L’amicizia tra Jiggy e Rob viene malvista dalla bigotta Shively, forse perché la famiglia di Rob non fa parte della giusta cerchia oppure perché si deve avere per forza un qualcosa su cui puntare il dito per spezzare la monotonia, e questa cosa si è rivelata proprio l’amicizia tra i due bambini. Nonostante inseguito ad un particolare fatto fosse stato vietato a Jiggy di continuare a frequentare Rob, i due non potevano rinunciare alla al loro legame, iniziarono ad incontrarsi in posti isolati, lontani dagli occhi inquisitori della cittadina. Per qualche anno tutto sembrava filare liscio, ma si sa che chi vive di pettegolezzi ha mille e più risorse per venire a conoscenza dei fatti o per far sembrare sospetto qualcosa che non lo è.

 

Io rimanevo zitto. Lo fissavo, senza avere il coraggio di essere così codardo da abbassare gli occhi, da distoglierli dal suo sguardo, mentre sentivo felpato il logorante morso del presentimento addentarmi la bocca dello stomaco. C’era una parte di me che sapeva cosa stava per dire. Quello che di lì a poco le sue labbra, schiudendosi in un sussurro, avrebbero lasciato uscire e piene di sdegno mi avrebbero sputato in faccia.

 

Durante i duri anni delle medie Jiggy e Rob furono accusati da un compagno molesto e violento di essere omosessuali, una tergiversazione della loro bella amicizia lì ha condannati a non poter vedersi mai più. Riflettendo, nell’ottica di quegli anni non è strano pensare a quante situazioni semplici e spontanee potevano essere male interpretate per creare un caso, magari era proprio quello il risultato cercato! Sicuramente una comunità come Shively non poteva accettare che nella famiglia perfetta che più la rappresentava ci fosse un ragazzo diverso, considerato come fosse deviato e malato, per questo motivo la famiglia di Jiggy fece i bagagli nella notte, veloci come ladri, per partire lontano, dove potevano affrontare e cercare di nascondere la vergogna. Ho sempre accarezzato il sogno di poter vivere un piccolo periodo o anche solo una giornata negli Anni Sessanta in America, anche se effettivamente crescere in un modo così poco propenso verso il cambiamento culturale non deve essere stato per nulla difficile. Comunque raccolti i cocci del passato la famiglia Jones si trasferì lontano, in una vecchia casa isolata dove non avrebbero fatto più parte di nessuna comunità.

 

Io ubbidii, annuendo mestamente a qualsiasi sua parola. Volevo cominciare bene, dovevo. Vi capita mai di svegliarvi ed essere stanchi, più stanchi di quando vi siete addormentati? Di svegliarvi e pensare che la vostra vita proprio non va. Voglio dire, tutto è uno schifo. Ovunque vi giriate, qualsiasi cosa vediate o sentiate. Fa acqua. È un maledetto schifo. E promettete a voi stessi di cambiare e qui nascono i buoni propositi. Che mai ascolterete, probabilmente, che dopo qualche giorno scorderete. Beh, se vi è capitato vuol dire che in fondo la vostra vita non era poi così scassata. Ma la mia lo era. Dannazione se lo era.

 

Per James raccogliere invece i cocci di Jiggy fu impossibile, il ragazzino sereno e spensierato esisteva solo al fianco di Rob, e questo non sarebbe stato proprio più possibile. Scelse di andare al collage per scappare dalla sua realtà e per provare a ricominciare, nonostante tutto gli urlasse di starne alla larga, si fece coinvolgere nelle attività di un gruppo di studenti volte a sostenere i compagni sportivi, nacque così un nuovo James, Il Damerino. Il Damerino non riusciva a sopportare il giro di amicizie nel quale era finito, sopportava a stento le lezioni ed il suo compagno di stanza; era chiaro che anche in quella situazione non era al proprio posto, ma lo sarebbe mai stato? Si trascinarono così alcuni anni di università e giunti quasi al termine del sofferto percorso Il Damerino incontrò gli occhi di un ragazzo, un ragazzo nell’aspetto diverso ma dagli occhi uguali a quelli di Rob. Sotto la scorza del Damerino iniziò a risvegliarsi anche Jiggy; i due iniziarono a diventare amici ma quando la gelosia e il risentimento si accoppiano e producono una covata, è difficile che ne esca qualcosa di buono. E fu così che James Jones si ritrovò nuovamente a rivivere una drammatica situazione dell’infanzia, un fatto che di nuovo lo privò di quello che era importante nella sua vita. Quando si cade due volte nello stesso baratro oscuro e profondo, emergere dalla sofferenza è difficile, quasi impossibile, ci riuscirà il protagonista?

 

Andiamo. Ma che sto dicendo. Sono stanco. E quando sono stanco i pensieri si affollano. Parlano tutti insieme, non capiscono che non ci sono orecchie e forze per tutti. Ma nessuno vuole soccombere, nessuno vuole darla vinta agli altri. Proprio come noi.

 

Flaneur è un romanzo dalle mille sfaccettature, il protagonista ci immerge a 360 gradi nelle sue personalità, si tratta di un viaggio introspettivo che, pagina dopo pagina, rivela questioni interessanti. La voce di Caterina Sbrana ci accompagna alla scoperta della sua storia, riuscendo a mantenere vivo l’interesse e la curiosità del lettore.

 

 

 

 

 

 

Desclaimer: si ringrazia l’autrice, Caterina Sbrana, per la copia omaggio

 

May the Force be with you!
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